Rosario Lauricella aveva cambiato identit�. La Dia lo ha riconosciuto da una foto sul giornale Sette colpi per il vecchio boss Fiancheggiatore della "Magliana" ucciso a Caracas: riciclava soldi
di MARIA LOMBARDI

Un omicidio che non � quello che sembra, con un morto vero e uno finto. Un ricco imprenditore romano che non � mai esistito ucciso da sette colpi di pistola e un genio del riciclaggio che girava il mondo, parlava bene cinque lingue e investiva altrettanto bene - in passato anche fiumi di soldi sporchi, quelli della droga - giustiziato alla periferia di Caracas: gli stessi sette colpi di pistola. Lillo Rosario Lauricella � morto gioved� scorso, in un agguato, con un falso nome e un'et� diversa. Claudio Liverani, nato a Roma, imprenditore, 67 anni: questa l'identit� che Lauricella (alle spalle anche rapporti con la banda della Magliana e una condanna per riciclaggio) si era inventato per continuare a viaggiare a lavorare all'estero dopo che il passaporto, quello vero, gli era stato ritirato per i guai con la giustizia. E chiss� perch�, potendo scegliere, aveva deciso di invecchiare, dichiarando dieci anni pi� di quelli che in realt� aveva.

"El Mundo" di Caracas racconta dell'assassinio, dell'inseguimento nella notte, una jeep Cherokee bianca che s'affianca al taxi, la raffica di colpi, 18 in tutto, e l'italiano ferito a morte alla spalla e al petto. �Il multimiliardario proprietario di quattro casin� in Venezuela�, si legge, era appena arrivato a Caracas da Madrid, lui viaggiava spesso per affari. Era con la sua segretaria e con il suo tassista di fiducia, anche loro rimasti feriti, stavano raggiungendo il lussuoso hotel Altamira. Regolamento di conti, azzarda il cronista. Nell'edizione di sabato 2 novembre, il quotidiano venezuelano pubblica anche la foto vera con la didascalia: la vittima Claudio Liverani. Gli investigatori del centro operativo della Dia di Roma lo riconoscono subito, avendolo conosciuto bene, �ma questo � Lauricella�, e non c'� alcun dubbio che sia lui: la foto pubblicata dal quotidiano, che � poi quella del finto passaporto, � identica alle foto in loro possesso.

Lillo Rosario Lauricella, nato a Palermo 57 anni fa, ma da sempre vissuto a Roma, anche se la sua casa era il mondo: Italia, Venezuela, Brasile, ultimamente era stato in Ecuador e Australia, sempre per affari.

Una moglie e una figlia, loro vivono in un bell'appartamento all'Eur dove lui dormiva non pi� di qualche giorno tra un viaggio e un altro. Colto, elegante, affabile nei modi, abituato a trattare con tutti, dal narcotrafficante all'ambasciatore, dai capi della holding che importano quintali di cocaina, gestiscono societ� e riciclano i soldi agli uomini di governo degli Stati dove faceva affari. "Imprenditore" si definiva e in un certo senso lo era per davvero, con i suoi investimenti ripuliva i miliardi della coca, li faceva fruttare e i guadagni li investiva di nuovo, non c'era confine per le sue trattative. �Ma � lui, Lauricella�, alla Dia lo ricordano bene il giorno che fin� in galera, a Roma: era il 28 settembre del '98, si concludeva con arresti in tutto il mondo una colossale operazione anti-droga, l'operazione "Malocchio".

Dalle ceneri della banda della Magliana, dai campi di coca della Colombia, dalla corruzione di funzionari pubblici e dalle menti sofisticate e complici di maghi della finanza, era nata un'organizzazione criminale dai mille volti. Nel '97 aveva immesso nel mercato italiano 900 chili di "neve", adesso l'organizzione stava per farne arrivare 5.000 chili e puntava all'acquisto di una banca in Belize. Con un gioco di societ� costruire "estero- su estero", i guadagni della coca venivano investiti in vari modi: importazione di frutta esotica da Santo Domingo e di ferro, acciaio e alluminio, commercio di slot-machine, affari per 50 milioni di dollari.

Lauricella s'occupava del settore gioco, controllando le societ� che fabbricavano in Spagna le macchinette mangia-soldi, le esportavano in Brasile per poi piazzarle nei Bingo. Settemila le slot-machine sequestrate in Brasile in seguito alla maxi-retata che port� in galera alcuni dei capi dell'organizzazione: Giuseppe D'Alessandri, narcotrafficante legato alla banda della Magliana, e Primo Ferraresi, mentre fugg� alla cattura Fausto Pellegrinetti, uno dei grossi calibri dell'anonima sequestri di Berenguer, Bellicini e Bergamelli, tuttora latitante. Lauricella durante il processo parl� e ammise tante cose: in appello fu condannato a 3 anni e sei mesi per riciclaggio. Riprese i suoi affari in sud America, con un falso nome ha acquistato i casin�, uno nell'isola di Margarita. Lo hanno cercato, inseguito e ucciso, una vendetta che forse parte da lontano, dalla spartizione degli interessi di quei colossali investimenti. Sette colpi di pistola per due vittime, una vera e una falsa.


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